Editoriale

Quali sono stati i momenti più importanti della tua attività alpinistica? Ce ne vuoi descrivere alcuni?
Tra le “ravanate orobiche” invernali ricordo volentieri Orobic Ice e la prima invernale della GAN sulla ovest della Presolana negli anni Novanta, la più recente 80 Primavere sulla est del Porola. Sulle Alpi in inverno lo sperone Croz sulla Nord delle Grandes Jorasses, la via Schmid sulla Nord del Cervino, in primavera la Heckmair sulla Nord dell’Eiger. Tra le vie classiche su roccia ricordo il Pilone centrale del Freney sul Monte Bianco e, tra quelle più moderne, Elettroshok al Picco Luigi Amedeo. Una spedizione alla Nord dell’Everest nel 1992, circa 7800 m raggiunti. Una spedizione in Patagonia cilena, prima invernale dello Scudo del Paine.
Com’era l’ambiente dell’alpinismo bergamasco quando hai iniziato a frequentarlo? Molto diverso da quello di oggi?
A Bergamo ci sono sempre stati forti alpinisti che, anche con mezzi economici limitati, si sono spinti dalle montagne di casa…