Prefazione

Barry Blanchard a 7800 metri di quota, durante il tentativo di aprire una nuova via sulla parete nord dello spigolo nord-ovest dell’Everest. Qualche ora dopo, Barry venne colpito gravemente da un edema cerebrale, e siamo stati costretti a scendere al colle nord (visibile sullo sfondo), dove abbiamo rubato una bombola di ossigeno a un campo di un’altra spedizione, per poi calarci lungo le loro corde fisse fino a una quota di relativa sicurezza.
Foto: Mark Twight
Nell’ottobre del 1988 io e Barry Blanchart ci trovavamo in Himalaya per tentare di aprire una nuova via sull’Everest, lungo una linea che seguiva un sistema di canaloni tra la cresta nord-est e quella nord. Avevamo intenzione di salire slegati, senza usare le fisse, e senza ossigeno. L’idea era quella di muoverci durante la notte per rimanere caldi, fermandoci per riposare e reidratarci durante il giorno, quando il sole avrebbe permesso un bivacco più confortevole.
I primi due tentativi, per i quali non avevamo con noi né tende né sacchi a pelo, furono fermati rispettivamente a 6900 metri da un principio di congelamento ai piedi, e a 7350 da un edema polmonare. Quando partimmo per il terzo tentativo, le temperature erano precipitate ulteriormente, e le previsioni meteo davano un forte vento in arrivo: decidemmo di scendere a un compromesso e prendere una tenda da bivacco da 1,8 kg e un materassino.
Lasciammo il campo base avanzato a 6300 metri verso le 22, e alle 7 di mattina eravam…