Prefazione

Scalare indossando i ramponi si traduce in una maggior velocità. Mark Twight sull’Aiguille du Midi.
Foto: Archivio Mark Twight
Durante l’inverno del 1990 vivevo a Chamonix, e passavo intere giornate su e giù per la parete est del Mont Maudit. Sia io che Alain Ghersen eravamo intenzionati a salire una della vie più dure di quella parete, la DOM (chiamata così in memoria di Dominique Rodrigue, morto durante un tentativo sulla sud dell’Aconcagua). Per provare questa via è indispensabile che il ghiaccio sia in ottime condizioni, una circostanza che non si era ancora ripetuta dalla prima ascensione. Quando arrivò marzo pensammo che la via potesse essere pronta, e così ci dirigemmo verso il bivacco al Col de la Fourche.
I primi raggi del sole rivelarono sui tiri iniziali una roccia pulita e sgombra di neve, ma la temperatura stava salendo rapidamente, e se anche fossimo riusciti in qualche modo a superare la prima parte della via, presto il ghiaccio più su avrebbero cominciato a cedere. Più a sinistra notammo quella che ci sembrava una nuova linea, la cui parte terminale sembrava essere quasi esclusivamente di roc…