Prefazione

Mark Twight al Campo base del ghiacciaio Kahiltna, Alaska. A volte, dopo un fallimento, l’unica cosa da fare è prendersi una bella sbronza.
Foto: Michael Kennedy
Durante tutta la mia carriera sono stato costretto alla ritirata un numero imbarazzante di volte. Quando non era il cattivo tempo a fermarmi, erano le eccessive difficoltà tecniche. È capitato spesso che non avessi mangiato o bevuto abbastanza, lasciando così che le mie forze, insieme alla fiducia in me stesso, si affievolissero lentamente. Qualche volta, invece, ho avuto paura, pura e semplice paura.
Ho fallito quando, appena fuori dal mio caldo sacco a pelo, mi sono reso conto che non avrei avuto la forza di fare quello che mi ero proposto di fare. Una volta accettata la cosa, tornare dentro e dormire su una decisione del genere è una delle esperienze più liberatorie che mi siano mai capitate. E ho fallito sull’Everest a 8400 metri, dopo quattro tentativi lungo una nuova via affrontata nello stile più puro: nessuna bombola, nessun sacco a pelo; nessuna corda fissa e nessuna corda di scalata, soltanto io, il mio compagno, le mie piccozze, un materassino, un fornello da campo e una p…