La leggenda racconta che Livanos, venuto in perlustrazione attraverso il sentiero Martel, vide solo pareti troppo lisce per essere scalate. Questa osservazione ha fatto sorridere. Sicuramente il Verdon richiedeva un nuovo spirito, unito alle pazzie tipiche della giovinezza. E non dimentichiamo che un itinerario doveva portare a una cima. Una bella scalata non basta per consacrare una via, per quanto grandiosa essa sia. Il Verdon richiede un approccio diverso, completamente nuovo, cioè scendere al fondo di una gola per poi risalire su un pianoro.
Lanciarsi in quella zona di calcare compatto, completamente vergine, compreso tra le Dalles Grises e la rampa in cui passa la Marcelin, una creazione di Bouscasse e Tanner, a sinistra, era una sfida maledetta! Solo la fantasia e la sagacia di Pschitt potevano farcela. Con quella barba da profeta, non è difficile immaginare Pschitt come un capitano Achab all’inseguimento di Moby Dick, con il perforatore al posto dell’arpione per colpire la gobba del capodoglio Pichenibule. …
“Vi è una meraviglia senza eguali in Europa”, affermava Edouard Alfred Martel, agli inizi del secolo scorso.
Pilastri vertiginosi, fessure che solcano placche di roccia perfetta tempestate di gocce di ogni dimensione, piccoli boschi sospesi sopra uno smeraldino impetuoso fiume. Ecco il Verdon, paradiso dei climber di tutto il mondo.
In questo libro, che è un po’ anche la storia di una banda di amici, Bernard Vaucher racconta, attraverso i suoi ricordi personali e le testimonianze dei protagonisti, l’epopea di uno dei luoghi simbolo dell’arrampicata moderna: dalle prime esplorazioni avvenute durante gli anni sessanta fino alla comparsa dei mutanti dell’arrampicata sportiva: Fawcett, Berhault, Moffatt, Edlinger…
Ma c’è qualcosa di più… e proprio questo rende la cosa interessante. Perché questo sito e questa “banda di illuminati” alla fin fine hanno contribuito in modo stupefacente e imprevisto alla trasformazione dell’arrampicata mondiale. Ridurre completamente il percorso di avvicinamento, usare prevalentemente nut di provenienza anglosassone, lasciare le vie attrezzate… Le basi dell’arrampicata sportiva sono nate tutte qui.
L’autore, sfruttando la sua esperienza frutto di oltre quarant’anni di assidua frequentazione spalla a spalla coi protagonisti delle imprese più importanti, ci guida attraverso le pulsioni, gli umori, le polemiche, i drammi e i cambiamenti, tracciando un affresco rigoroso ma al tempo stesso ironico di questo laboratorio e luogo mitico per tante generazioni di arrampicatori.
L’Autore
Bernard Vaucher, di Marsiglia, ha cominciato ad arrampicare all’età di 15 anni dopo aver visto un film sul Cervino. A 18 anni entra nel gruppo Excursionnistes Marseillais dove conosce i suoi compagni di cordata Bouscasse, Charles, Coquillat, Rigaud, Tanner con i quali ripeterà verso la fine degli anni 70 alcuni delle più famose ascensioni delle Alpi: lo Sperone Walker alle Jorasses, il Pilastro Bonatti e la Diretta degli Americani al Dru, il diedro Philipp-Flamm al Civetta e la Hasse-Brandler alla Cima Grande di Lavaredo.
Parallelamente alle grandi vie alpine intraprende un percorso di ricerca su pareti vergini. Il Verdon, naturalmente, ma anche la Corsica, il Dévoluy, le Dolomiti e l’Hoggar, senza dimenticare le rocce di casa, le Calanques.
Dopo aver ceduto al mito della California percorrendo due big wall sul Capitan negli anni 80, ha dato sfogo a una passione per l’alpinismo di viaggio, vagabondando dalla Cordillera Blanca ai 6000 vergini del Karakorum, fino in Africa, molto spesso con al fianco la moglie Jacqueline.
Ha scritto numerosi articoli sulle riviste d’alpinismo francesi, due romanzi polizieschi a sfondo alpinistico e, oltre a Les Fous du Verdon, un altro libro sulla storia dell’arrampicata nelle Calanques.
Yahr: | 2011 |
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ISBN: | 978-88-96634-43-1 |
Gewicht: | 330g |
Code: | R 31 |